Ogni volta che arriva il 25 aprile mi giunge da lontano la voce di mia nonna Giannina, la mamma di mia mamma, che sovente mi raccontava della sua infanzia e della sua gioventù vissuta nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale. Figlia unica, sopravvissuta ad altri due fratelli che morirono da piccoli per banali influenze, apparteneva ad una delle famiglie più benestanti di Quistello, un piccolo paese della bassa mantovana: era loro la prima automobile che circolo’ in quel paese tra gli anni trenta e quaranta. Spesso mi raccontava del suo grande amore, mio nonno Onofrio, l’ultimo di nove fratelli, “povero in canna, ma bello da morire” che riuscì a sposare nonostante la mia bisnonna ne fosse decisamente contraria. Da qualche parte, in una scatola di latta, mia mamma custodisce gelosamente la lettera che mio nonno scrisse alla sua futura suocera: “…. sono a chiederle il permesso di sposare sua figlia…” Ma solo una piccola fuga d’amore gli permise di sposarla e di renderla felice.E tante volte l’ho ascoltata raccontarmi della guerra, dei bombardamenti, dei fascisti, dei partigiani, degli americani e soprattutto di suo padre. Il mio bisnonno, un ometto piccoletto dalla perfetta barba nero corvino sposato con una stangona di 15 centimetri più alta, simpatizzante fascista, come meta’ degli italiani a quel tempo, che un po’ per ignoranza e un po’ per timore di perdere tutto si schierarono dalla parte sbagliata. E anche se in qualche cassetto del comodino potevi trovare la tessera del partito, nella stalla, in solaio o in cantina dietro alle botti di vino, trovarono riparo e protezione alcuni partigiani del paese. “Perché se capisci di essere dalla parte sbagliata, forse puoi porre rimedio ai tuoi errori“. E mia nonna mi raccontava tutto cio’, senza alcuna vergogna per aver avuto un padre di Destra, quella Destra che portò allo sfascio il nostro paese, ma piena di rabbia, quello si, di cieco livore per quei partigiani a cui avevano dato nascondiglio e che, successivamente, prelevarono suo padre, una sera prima di cena strappandolo ai suoi cari, per timore di essere scoperti! E nella mia mente di ragazzina si materializza l’immagine di mia nonna, allora ventenne, che salita in sella alla sua bicicletta si avvia alla ricerca di suo padre arrivando a Roma inseguendo false informazioni. Da lì farà ritorno…. sola all’andata, sola al ritorno… perché in realtà suo padre era stato ucciso a fucilate e seppellito da qualche parte nei campi vicino a casa. Ecco… per me il 25 aprile e’ mia nonna…. un metro e 47 di puro argento vivo che visse tutta la sua vita con lo stesso fervore con cui pedalò alla ricerca di suo padre!!! E allora…. buon 25 aprile ragazzi…. e grazie a tutti coloro che in quegli anni hanno pedalato con lo stesso fervore di mia nonna!